Ma di cosa parliamo se diciamo Giovani

luglio 18, 2009 at 10:00 am (1)

Che ti pareva. Arrivano gli esami di maturità, e come ogni anno ci accorgiamo di loro. I ragazzi. Gli facciamo posto sui media e in Tv, stiamo lì a guardarli, definirli. In effetti, non è l’unica volta, nell’anno. Mediamente ne parliamo altre due tre volte, ad esempio quando fanno filmacci su You tube, atti di bullismo o violenza, e quando ammazzano genitori e parenti.

Ho letto poco fa, su un quotidiano, le immancabili (e fra poco inarrestabili) radiografie di gruppo dei cosiddetti “giovani”, di solito suddivisi per branchi a seconda dei marchi che indossano, o dei cantanti più amati, con tanto di grafico e ritratto segnaletico, come non avessero nient’altro che li caratterizzi. O li appassioni. Che so, uno sport, uno scrittore, un‘ ideologia ma anche un tipo di fumetto o di cucina (amatissima ad esempio quella giapponese). Quando la tentazione di etichettarli si spinge oltre, facciamo incetta di categorie non proprio lusinghiere come gli Svuotati, i Nichilisti, gli Apatici, i D D (dipendenti digitali) e quant’altro ci aiuti a bollarli , a distanziarli da noi invece così mirati, efficienti, lucidi (!).

E’ in questi casi che ti chiedi : ma che vuol dire parlare dei “giovani” ? Cos’hanno in comune un diciottenne con una ventitreenne , in realtà lontanissimi fra loro per occupazioni, appetiti, identità ? E se poi il primo è milanese e l’altro vive a Gela, cosa li unisce ? Eppure per noi sono “ragazzi”, e se entrambi calzano le stesse Converse o gli stessi Ray ban , frequentano Facebook e la stessa Tv li pressiamo tutti nello stesso gruppone , possibilmente intitolato gli Integrati. Forse in mezzo c’è quello votato al volontariato e un altro che suona in una band, una che lavora per mantenersi e l’altro che beve, ma a noi sembrano tutti uguali perché hanno lo stesso Ipod.

Beh, è come dire gli Adulti. Il “ mondo degli adulti ”. E qual è?

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Com’è rischiosa la pizza se la fanno due idioti

luglio 4, 2009 at 5:27 PM (1)

E’ successo nella città di Conover, nel North Carolina, ed è successo in tutto il mondo.
Nella pizzeria Domino’s  pizza –  catena americana da un miliardo e 400milioni di dollari di fatturato  , presente in 60 paesi del mondo  – due dipendenti zuzzurelloni hanno girato un video in cucina. Per mostrarci dal vivo, dietro le quinte, in stile Moore,  cosa davvero mangiamo nelle pizze,  ovvero  cibi scaduti,  avanzi e resti di piatti?
No, hanno fatto di più. i due bricconi si sono esibiti in una performance a base di  formaggio infilato nel naso e poi nella pizza, di salame transitato per altre vie indicibili e poi disteso sul formaggio , di starnuti sparsi al posto del pepe. ecc..  Col titolo Ingredienti molto speciali,  e colonna sonora di compiaciute risate, il video è stato poi orgogliosamente messo su You tube e visto un milione di volte  prima di esser rimosso, e poi ripreso ovviamente da blog, Twitter e maganzine on line, fra cui (giustamente )  il popolarissimo sito The consumerist  che ha contribuito a localizzare subito la pizzeria.
I due idioti  sono stati arrestati per contaminazione di cibo (soltanto?)  e rischiano  da 4 mesi a 1 anno di prigione, mentre il locale è stato chiuso per un trattamento igienico-sanitario.
Non è servito  granchè, all’azienda Domino’s,  aprire un account su Twitter  ( seguitissimo servizio di microblogging ) e pubblicare un video su YouTube  per  scusarsi coi clienti .  Il crollo dell’immagine  ha provocato  una frana nell’utenza,  con danni ancora incalcolabili.
Non a caso la chiamano “pubblicità virale”. Si espande come un’infezione, e non c’è morbo più letale dell’idiozia, se amplificata dal web.  Dovremo fare i conti, sempre di più, con la potenza incontrollabile della parola (e immagine) on line. Immaginate le conseguenze di un finto-allarme  su una catastrofe naturale o  su una  banca in crisi, ecc?
Come e quanto punire i colpevoli, spesso peraltro  non identificabili ?

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Cane amore e fantasia. Quante liti tra i vicini

luglio 4, 2009 at 5:24 PM (1)

Ogni venti minuti c’è la signora del secondo piano che stende la biancheria gocciolante. E bagna la tua. O il tale che innaffia le piante al terzo piano e sporca le lenzuola del secondo. Oppure il gatto che strilla mentre tu riposi, o il tale accanto che riposa anche lui, ma fa un fracasso dannato perchè russa.

Ogni venti minuti in Italia si consuma una lite condominiale. Cani che sporcano le aiuole comuni, sacchetti mal chiusi o fuori orario, ascensori in pausa forzata, macchine messe male. Sono i pianerottoli e gli androni , e i balconi, i famigerati spazi dello sguardo in tralice, della parola in più. Per troppo chiasso di bambini, troppi animali, troppi odori (di cibo o di bestie) , troppo disordine o troppe sedie, persino. Due milioni di italiani in causa col vicino di casa. Ventiseimila liti condominiali, l’anno scorso (dati dell’Aidaa) solo per animali male accetti (dagli altri, non dai padroni) .

Che una volta tanto non siamo i siculi, i più rissosi, ma gli abitanti di Milano, Roma e Padova consola solo un poco. Siamo sempre più aggressivi, insofferenti, astiosi. Non è la biancheria che scola, a provocare la scintilla, né una pipì sul tappetino (comunque a opera di un cane, non umana). Litighiamo perché non sappiamo più comunicare, abbiamo sempre l’ossessione che l’altro valichi i nostri confini, stia violando il nostro territorio.

Il tutto mentre su Facebook o nei blog flirtiamo coi duecento amici, e ci scambiamo ricette sarde, e consigli per i gerani penduli. Sul web le community funzionano , nella vita no. In rete costruiamo condomini virtuali, dove siamo tutti creativi e pazienti, uniti in nome della bruschetta. Ma i condomini veri quelli no, li aborriamo.

E’ il web che depura e sublima i rapporti ? O forse non siamo più abituati al “contatto” , quello vero ?

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Internet, il nuovo virus è la gelosia paranoica

luglio 4, 2009 at 5:22 PM (1)

Uccidere per gelosia, si è sempre fatto, anche nell’Olimpo.

Gli uomini più delle donne, in verità. Perché le donne sospettano, dubitano e accusano, piangono, ma quelli che ammazzano , come sempre, sono più gli uomini. Di gelosia le donne si ammalano, a volte si uccidono o impazziscono, che poi è un modo per spegnere la luce ( e la mente). Di gelosia gli uomini si armano, si infiammano. Non la nutrono dentro se stessi con la vergogna e il dubbio, con la paura dell’inadeguatezza , come fanno di solito le donne, arrivando persino a rimuovere segni e realtà, e dunque infliggendosi un’altra pena, quella della negazione. E poi la perdita dell’autostima.

No, gli uomini vogliono punire la donna temuta. Punirla per sempre, in modo eclatante, visibile, perché si sentono lesi nella loro dignità. “Provocati” con la “mancanza di rispetto”.

Cosa arriva a provare un uomo che sgozza la moglie in modo bestiale, come fosse un povero animale, indifeso, colpendola alle spalle (stiamo parlando, l’avete capito, dell’assassinio di via Costanzo a Catania)?

Sono “sentimenti” quelli che l’hanno animato, o una furia cieca e brutale di vendetta?

Se la gelosia è catalogabile come un sentimento, anche se al confine fra l’istinto del possesso e quello della cura, questo che insanguina non è un sentimento.

Non si può uccidere una donna perché esercita la sua fantasia al computer, perché si nutre di parole –fossero anche parole d’amore. Non si può uccidere qualcuno perché libera la sua immaginazione con Internet. Specialmente, come in questo caso, pare fosse la sola libertà concessa.

Non è il primo caso del genere. Una nuova forma di gelosia e di guerra si trasmette e esplode con Internet, fra chat e Facebook. Donne, state in guardia. Anche la tecnologia può rivelarsi spazio di potere, strumento di sopraffazione, di controllo. Causa di morte improvvisa.

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