Assassini per caso

Maggio 27, 2010 at 3:11 PM (Senza categoria)

Assassini per caso. Per fatalità, per debolezza, per paura. Uccidere per smarrimento, all’improvviso, perché una notte si fa più nera delle altre, e si spegne la luce nella mente, e l’abisso si apre sotto i piedi, e ti inghiotte.

Assassini senza volerlo davvero, quasi sempre. Senza preavviso, senza motivi, senza un prima né un dopo. Senza spiegazioni, per sé, per la vittima, per noi testimoni e spettatori. Assassini in pantofole, a casa,  armati di coltelli per tagliare il pane o di attrezzi per la ginnastica, come stavolta. Assassini spietati di se stessi.

“Famiglie vi odio ! – scriveva Andrè Gide – Stanze chiuse, porte serrate, vi odio !”

Ma era ancora un odio ideologico,  letterario e antiborghese, erano ancora gli anni Trenta, era ancora, la famiglia, una formazione solida, lineare.  E’ altro l’odio che uccide in famiglia, oggi, in un crescendo che inquieta.  Un odio che si fa violenza senza passare dal sentimento,  senza mediazioni di parole, di gesti,  senza gradazioni.  E’ la violenza che esplode senza segnali, sorda e cieca. Assassini per disperazione.

Perché, ammettiamolo, è questo che ci colpisce davanti al sangue che scorre in questi appartamenti tranquilli, a un passo dal centro commerciale, in queste notti che niente mai lasciano presagire, a detta dei vicini, dei parenti : è l’assoluta gratuità del gesto. Dunque la sua ingiustificabilità, per noi che vorremmo capire, e definire il male per isolarlo. Per dargli un nome, per condannarlo meglio, allontanarlo dalle nostre coscienze comode e imbottite di piccole certezze.

“Depressione”, diciamo sui giornali, perché banalizzando siamo più comprensibili, diretti.  Abbiamo bisogno di darle un nome.  Potresti anche chiamarla ferocia domestica, dicono che  esplode all’improvviso, per motivi apparentemente futili e in condizioni ordinarie, e può colpire soggetti di età adulta,  sani, normali e di entrambi i sessi,  di qualsiasi estrazione sociale e cultura,  in ambienti rurali o urbani, e non dà segni di preallarme né sintomi precisi. Non è prevedibile e quando si manifesta è solitamente tardi, perché priva il soggetto di qualsiasi controllo e raziocinio. E’ un virus che dilaga, si teme il contagio.

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Cosa succede in famiglia

Maggio 27, 2010 at 3:09 PM (Senza categoria)

Cosa succede in famiglia, cos’è questo sangue che macchia i tappeti dei salotti borghesi e il finto cotto della lavanderia, da  dove arrivano questi coltelli, dove sono state affilate queste lame che colpiscono davanti ai bambini,  davanti alla tavola apparecchiata,  ai televisori accesi su C’è posta per te?

Qualcuno sa dirci quale virus oscuro e  improvviso oggi è capace, improvvisamente,  di devastare il pensiero ordinario di  uomini e donne sinora sani e normali, vicini insospettabili e persino garbati,  che un giorno uccidono i figli, o le mogli, senza una ragione forte, senza una vera, riconoscibile malattia mentale? Cos’è questa voragine, questo abisso che si spalanca sotto i nostri piedi, fra i peluche del bambino,  tra le nostre pantofole, sul tappetino di casa con su scritto Benvenuto ?

La famiglia – sono dati, cifre –   uccide più della mafia e della camorra messe insieme. E’ qui la trincea, appena dietro le tende bianche,  tra camere da letto, corridoio e servizi, è questo il teatro di guerra quotidiano in cui si consuma l’orrore che una volta faceva paura persino nei film e adesso ci rilassa nei videogiochi e su Internet.  Qualcosa è successo, e non ce ne siamo accorti, presi com’eravamo a inventare i nomi delle tante password per le  nuove relazioni col mondo. Qualcosa abbiamo dimenticato, del nostro lessico familiare, del vecchio alfabeto fatto di amore, solidarietà, condivisione. Troppi codici in testa, troppi Pin, troppi numeri da digitare, tutto il giorno, troppe connessioni. Siamo così stanchi, distratti.

L’odio in famiglia è l’emergenza della  nostra società, più che la crisi economica, la disoccupazione, il disastro ecologico. E’ questo sfacelo dei sentimenti, lo scorticamento delle relazioni, l’abbrutimento del linguaggio il nostro pericolo più forte.

Ci siamo sconnessi, disidentificati, errore nel sistema, attenzione i vostri dati potrebbero andare tutti persi.

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Cosa succede in famiglia

Maggio 17, 2010 at 12:20 PM (Senza categoria)

Cosa succede in famiglia, cos’è questo sangue che macchia i tappeti dei salotti borghesi e il finto cotto della lavanderia, da  dove arrivano questi coltelli, dove sono state affilate queste lame che colpiscono davanti ai bambini,  davanti alla tavola apparecchiata,  ai televisori accesi su C’è posta per te?

Qualcuno sa dirci quale virus oscuro e  improvviso oggi è capace, improvvisamente,  di devastare il pensiero ordinario di  uomini e donne sinora sani e normali, vicini insospettabili e persino garbati,  che un giorno uccidono i figli, o le mogli, senza una ragione forte, senza una vera, riconoscibile malattia mentale? Cos’è questa voragine, questo abisso che si spalanca sotto i nostri piedi, fra i peluche del bambino,  tra le nostre pantofole, sul tappetino di casa con su scritto Benvenuto ?

La famiglia – sono dati, cifre –   uccide più della mafia e della camorra messe insieme. E’ qui la trincea, appena dietro le tende bianche,  tra camere da letto, corridoio e servizi, è questo il teatro di guerra quotidiano in cui si consuma l’orrore che una volta faceva paura persino nei film e adesso ci rilassa nei videogiochi e su Internet.  Qualcosa è successo, e non ce ne siamo accorti, presi com’eravamo a inventare i nomi delle tante password per le  nuove relazioni col mondo. Qualcosa abbiamo dimenticato, del nostro lessico familiare, del vecchio alfabeto fatto di amore, solidarietà, condivisione. Troppi codici in testa, troppi Pin, troppi numeri da digitare, tutto il giorno, troppe connessioni. Siamo così stanchi, distratti.

L’odio in famiglia è l’emergenza della  nostra società, più che la crisi economica, la disoccupazione, il disastro ecologico. E’ questo sfacelo dei sentimenti, lo scorticamento delle relazioni, l’abbrutimento del linguaggio il nostro pericolo più forte.

Ci siamo sconnessi, disidentificati, errore nel sistema, attenzione i vostri dati potrebbero andare tutti persi.

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Tutti attratti dal centro di gravità permanente

Maggio 17, 2010 at 12:18 PM (Senza categoria)

Siamo un gregge, un formicaio, o  – suona meglio –  uno stormo di uccelli. E non è questione di  Internet o di tv. Viviamo in gruppo,  abbiamo bisogno degli altri,  ne siamo sempre condizionati.  E non solo dai prossimi, gli amici, i parenti. Siamo influenzati a spirale anche da chi non conosciamo, ma è legato a un nostro amico, perché assorbiamo e diffondiamo  opinioni e modelli anche quando non lo sappiamo.

Connessi.  L’esempio che fa Nicholas Christakis,  sociologo di Harward,  per spiegare questo principio nel suo ormai celebre testo Connected,  è questo : se l’amico del  tuo amico smette di fumare è possibile che anche tu smetta anche se non lo conosci. Funziona anche per l’obesità, i comportamenti sessuali, gli orientamenti politici. Perché ognuno di noi, dice lo studioso dopo aver trasformato in grafici migliaia di casi, è  parte di un network a grappolo, e  in quanto connettore trasmette viralmente, cioè proprio come fosse un virus,  idee e comportamenti alla comunità a cui appartiene. Se buona parte del tuo gruppo è sovrappeso, è facile che anche tu lo sia, perché l’eccesso di peso non ti appare un danno e non ti senti giudicato. Ma – attenzione -rischi di ingrassare anche se gli amici  -a te sconosciuti – dei tuoi amici sono grassi.

Insomma i network sono come formicai  in perenne – ma anche inconsapevole – attività. Conoscerli –dice Christakis – è utile anche in altre applicazioni, tipo le vaccinazioni. Basterebbe vaccinare i soggetti al centro della rete del network, cioè i vettori del virus che sono il 35 per cento della popolazione,  anziché vaccinarla tutta. Stessa cosa per le campagne antifumo o antibullismo nelle scuole : basterebbe – lui dice – rieducare i leader e le fonti (anche inconsapevoli) di modelli.

Insomma davvero siamo così  succubi,  gregari, dipendenti ? Lo studioso dice di sì , ma è un fatto positivo, perché le idee si diffondono così, e quelle positive battono sempre quelle negative. Ed è meglio credergli, perché lui  è stato definito dal Times una delle cento persone più influenti del mondo. Come dire, un superconnettore.

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